Storia

Sin dagli albori della storia dell’umanità, l’acqua è stata considerata elemento principale della vita.

È possibile trovare prove di questa teoria nel libro della Genesi, tra gli egizi e tra i greci, dove l’acqua appunto era elemento di culto.

Tuttavia è nella Roma Imperiale che la pratica del bagno termale subisce un notevole sviluppo, diventando un fenomeno sociale di rilevante importanza legato soprattutto all’igiene e alle salute pubblica.

Si ritiene che presso i Romani le prime acque usate per la loro azione terapeutica fossero le Aquae Albulae di Tivoli. Successivamente vennero utilizzate altre sorgenti come quelle di bagni di Stigliano, Chianciano, Abano o le Terme Apollinari del Bracciano e le Terme di Imera.

Senza alcun dubbio, però, le sorgenti termali favorite dai Romani erano quelle del golfo di Napoli: Pompei, Pozzuoli, Ischia, Baia.

Inoltre, anche nei territori conquistati sorsero diverse, e talvolta grandiose, terme, ne sono esempio quelle di Bath, Baden, Luchon, Aix-les-Bains.

Inizialmente esistevano dei piccoli bagni pubblici, i balnea, dove era possibile rinfrescarsi e lavarsi, finché, nel corso dei secoli si concepì l’idea di realizzare una vera e propria stazione termale, con un percorso da effettuare in più ambienti:

Il primi ambienti posti all’ingresso delle terme erano la laconica a la natatio, dove nell’ordine ci si depurava prima con dei vapori e poi ci si immergeva in una piscina.

Successivamente il percorso consisteva in una prima immersione nel calidarium, bagno caldo atto a far dilatare i pori della pelle per consentire la fuoriuscita degli umori in eccesso.

Il bagnante passava poi al frigidarium, in modo tale da far tonificare i muscoli e richiudere i pori onde evitare l’eccessiva emissione di umori vitali.

Ed in fine il percorso terminava nel tepidarium per un rilassamento finale.

Il bagno consisteva, quindi, in una ginnastica vascolare idrica con un’attivazione del metabolismo generale.

Con il declino dell’impero romano le terme non vennero più utilizzate.

Solo nei primi anni del Medio evo si cercò di riattivare tali opere in disuso e a ripristinare le antiche sorgenti a scopo curativo. Diversi autori di fine Medio evo si interessarono a studi idrologici tracciando, peraltro, le linee guida sulla metodologia.

Indubbiamente l’opera più importante, che spiega dettagliatamente le idee del tempo sulle indicazioni terapeutiche, sull’uso e la classificazione delle acque è il De balneis thermis naturalibus di Michele Savonarola.

Durante tutto il corso del 700 andò sempre più delineandosi il concetto di azione chimico-farmacologica delle acque che portò, nell’800, ad assumere l’idrologia come una vera e propria scienza. Le stazioni termali non vengono più considerati come luoghi di incontro e di svago ma vengono viste, finalmente, come dei veri e propri presidi medici.

L’acqua viene concepita come un potente strumento farmacologico. Le acque vengono quindi analizzate sia dal punto di vista chimico che fisico evidenziando singolari caratteristiche.

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